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Dalla Siria all'Italia per conoscere il mondo Slow Food

La settimana scorsa, per cinque giorni consecutivi, insieme a Valentina e Nazarena, colleghe di Slow Food Internazionale in collaborazione con Patrizia di FAO abbiamo avuto il piacere di ospitare sette agricoltrici siriane tra il Piemonte e la Liguria. Un viaggio di formazione nato con l'obiettivo di aumentare le conoscenze relative alla produzione e commercializzazione di vari generi alimenti, si è trasformato fin da subito in una splendida occasione di incontro e conoscenza tra persone con culture e tradizioni differenti uniti dal comune amore per il loro territorio e per i prodotti che in quei luoghi possono essere coltivati e lavorati.

Parlando con le nostre ospiti, ho avuto modo di ascoltare da testimonianze dirette la situazione reale che si vive oggi Siria. Come sempre, l’inizio di un conflitto armato non produce solo grandi sofferenze individuali e collettive, ma costringe intere comunità a rivedere le proprie abitudini e i ruoli dei suoi componenti. Prima della guerra, l’agricoltura era dominata dagli uomini, oggi invece, sono le donne a portare avanti, con immensa difficoltà le tradizioni agricole e commerciali. Come ci insegna la storia, durante i conflitti armati il ruolo delle donne diventa centrale nella vita delle comunità perché devono sopperire all'assenza degli uomini e questo sta accadendo anche in Siria. Durante le varie visite presso i nostri produttori locali le sette agricoltrici hanno avuto la possibilità di apprendere le loro tecniche di coltivazione e trasformazione dei prodotti e sono certo che con il loro attuale know how, sapranno migliorare le tecniche fortemente rurali ancora in uso nella loro produzione agricola ma sopratutto di condividere queste conoscenze con tutte le donne del loro territorio che non hanno avuto l'opportunità di essere presenti.

Durante questo tour ho potuto toccare con mano, come la narrazione sul ripopolamento dei piccoli borghi italiani, non rispecchi la realtà. Abbiamo visitato luoghi dove la popolazione residente si aggira intorno ai 50 abitanti. L’assenza di servizi pubblici spinge le persone a lasciare questi territori come ci ha raccontato Giovanni, produttore del celebre Roccaverano. Territori che a lungo andare oltre a rimanere privi della fresca presenza di uomini e donne che un tempo li animava, vedono sparire tradizioni, saperi, storia e cura. Ho ammirato e mi ha colpito profondamente la tenacia di chi ha deciso, nonostante le immense difficoltà, di rimanere e resistere allo spopolamento, dedicandosi alla produzione di prodotti di alta qualità. Molti di loro sono giovani, come Marta, una ragazza che da sempre vive in montagna a Sambuco, e dove tuttora, seguendo le orme dei propri genitori è riuscita a rendere la produzione di formaggio di capra la sua attività imprenditoriale. Oppure come la bella comunità creatasi alla Trappa, un luogo una volta abitato dai monaci trappisti ora da donne e uomini che con la loro presenza riescono a dare vita ad un territorio sempre abbandonato, uomini e donne che hanno trovato un equilibrio con la natura circostante.


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